Divieto di subappalto e beni culturali (Corte costituzionale, 11 aprile 2022, n. 91)

Massima: La disciplina del subappalto relativo ai beni culturali assicura che il subappaltatore esecutore dei lavori disponga delle qualificazioni specialistiche necessarie a preservare una tale categoria di beni. Ne consegue che la mancata previsione di un divieto di subappalto, all’interno di tale settore, è immune da vizi costituzionali.

Con la pronuncia in esame, la Corte Costituzionale ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 105 e 146 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (sollevata dal Tar Molise con ordinanza n. 195/2020) per contrasto con gli artt. 3 e 9 della Costituzione.

La sentenza risulta di particolare interesse perché chiarisce che la mancata riproposizione nel settore dei beni culturali del divieto di subappalto (già previsto per l’avvalimento) non integra profili di irragionevolezza, non esponendo i beni culturali e del patrimonio artistico ad alcun rischio di subire pregiudizi.

Nella pronuncia all’attenzione, la Corte costituzionale precisa innanzitutto che il divieto di ricorrere all’avvalimento nel settore dei beni culturali si spiega in quanto tale istituto comporta, quale regola generale, che l’esecuzione della prestazione spetti ad un soggetto (il concorrente aggiudicatario) che non possiede i requisiti per partecipare a una gara e le specifiche qualificazioni richieste per assicurare un’adeguata tutela nei confronti di una tale categoria di beni.

Diversamente dall’avvalimento, il subappalto – precisa la Consulta – presuppone che l’impresa concorrente abbia tutti i requisiti per partecipare alla gara e garantisce altresì che l’esecuzione della prestazione sia effettuata in proprio e in via diretta da un soggetto (il subappaltatore) dotato della specifica qualificazione richiesta (e, conseguentemente, in grado di assicurare un’adeguata tutela ai beni culturali).

Conseguentemente, la Corte costituzionale ha ritenuto che la mancanza di un divieto di subappalto nel settore dei beni culturali sia costituzionalmente legittima e che l’introduzione di un tale divieto comprimerebbe anche il principio della concorrenza e dell’autonomia privata.

https://www.cortecostituzionale.it/actionPronuncia.do

(Commento a cura del Dott. Edoardo Mete).